Cattaneo ed i fantasmi di uno spezzatino Telecom
L’uscita repentina di Flavio Cattaneo da amministratore delegato di Telecom molti commentatori la davano per scontata. L’amministratore delegato aveva infatti rimesso i conti in ordine: l’utile è tornato (1,8 miliardi), l’indebitamento è sceso (25,1 miliardi), bene l’ebitda (+14,2%). Questi risultati nella mente di Cattaneo erano collegati a tre anni senza dividendi ma gli addetti ai lavori convenivano tutti sul fatto che il raider francese sentisse profumo e forse necessità di almeno 800 milioni di dividendi.
In questa vicenda salta agli occhi la buonuscita di Cattaneo ma Bollorè ha fatto in realtà con Cattaneo un affare, perché il manager italiano gli ha rimesso i conti a posto e lo mette oggi in una posizione negoziale possibile nei confronti sia del governo sia dei concorrenti, sempre che le intenzioni del maggior azionista di Telecom siano quelle di mantenerne la unitarietà.
Ma quali sono le vere intenzioni di Bollorè? L’uomo brilla per un silenzio a dir poco tacitiano. Quando scelse Cattaneo ai vertici di Telecom prima lo nominò e sembra che solo a cose fatte abbia avvertito l’allora presidente del consiglio Matteo Renzi che giustamente risentito gli avrebbe detto: “Si l’ho letto dai giornali”. Ma oggi il bretone supermiliardario avrà parlato con Gentiloni o magari con Calenda confermando tutto il piano industriale comprese le complesse garanzie occupazionali? Forse il mercato sarebbe positivamente attento a queste cose piuttosto che ad immaginare una gestione a tre punte. I grandi fondi sono palesemente preoccupati e la prova più eloquente è il voto contrario che cinque consiglieri del cda di Telecom che hanno espresso nei confronti dell’uscita consensuale (si fa per dire) di un manager che aveva positivamente colpito gran parte degli analisti.