Tag Archive for: anas

Class CNBC intervista Brandani: prove di fase2, il rebus del distanziamento sui mezzi pubblici

02 Mag
2 Maggio 2020

Di Luca Mattei, da FS News

 

Treni e autobus semivuoti in tempi di lockdown, chiamati ad assicurare il distanziamento sociale nelle settimane e mesi a venire con un progressivo aumento di viaggiatori. La situazione del trasporto pubblico alla prova del Covid-19 è stata oggetto di un’attenta riflessione di Alberto Brandani, presidente di Federtrasporto in un’intervista a Class CNBC.

«Nel settore del trasporto pubblico locale abbiamo avuto finora una contrazione del 95% del numero di passeggeri e del 90% dei ricavi da traffico, mentre la riduzione della produzione mediamente è andata dal 25 al 40%. A fronte di un crollo verticale dei ricavi, i costi sono rimasti sostanzialmente alti, considerando i fornitori, il personale, i mezzi, le nuove procedure di sanificazione, l’adozione dei dispositivi di sicurezza. È evidente che così viene a mancare la sostenibilità economica del servizio».

E il problema si pone anche nel futuro quando l’offerta di servizi dovrà aumentare, teoricamente anche più di quella ordinaria, per tentare di assicurare un sufficiente distanziamento sociale a bordo dei convogli. «Il TPL, in tutte le società del mondo, aveva due requisiti: avere costi relativamente bassi e far arrivare nel più breve tempo possibile in un determinato posto il maggior numero di utenti. Con il distanziamento previsto questi requisiti sono messi in grave difficoltà». È necessario quindi studiare degli specifici interventi con cui sostenere il settore del trasporto. «Le misure che il Governo ha assunto – prosegue Brandani – come la cassa integrazione e il credito garantito fino al 90%, sono importanti ma non sufficienti per evitare il collasso del sistema». Una possibile soluzione economica potrebbe giungere dall’Europa. «Ritengo si debba fare una battaglia – dichiara Brandani – affinché nei cospicui fondi di intervento della BEI ci siano delle quote dedicate proprio al ristoro dei mancati budget delle aziende di trasporto».

Secondo Brandani, almeno in questa prima fase di progressivo ritorno al lavoro, c’è un compartimento del trasporto che potrebbe avere meno difficoltà: «Il trasporto regionale ferroviario si potrà difendere meglio perché finora sono stati in circolazione 2.000 treni regionali al giorno e Ferrovie dello Stato pensa di farne scendere in campo dal 4 maggio da 3.500 a 4.000, e dovrebbe essere quindi più facile assicurare il distanziamento richiesto. Penso invece alle metropolitane, lì ci sarà una difficoltà estrema. E, in prospettiva, se i treni regionali – conclude Brandani – continueranno penso a essere molto utilizzati, temo che nelle grandi città il collasso temporale nelle ore di punta implicherà la preferenza per una serie di strumenti alternativi, come auto private e bici».

Ferrovie, Anas e dintorni: un cantiere aperto

14 Dic
14 Dicembre 2016

il-frecciarossa1000-in-banchina-alla-stazione-centrale-di-milano

«Nell’oggi cammina già il domani»

Post del Prof. Alberto Brandani, articolo pubblicato su Specchio Economico

«Nell’oggi cammina già il domani»; in questi termini si esprimeva il poeta Coleridge quando a cavallo tra il 700 e 800 vedeva trasformarsi la società nella quale viveva; erano gli anni in cui nacquero i primi «strabilianti macchinari per il trasporto» innescando un processo inarrestabile che simbolicamente prese avvio con il volo del pallone aerostatico nel 1783 che tanta meraviglia destò, al punto di ispirare nel poeta Monti lode Al signor Mongolfier. Bisognerà attendere altri ventuno anni perché Trevithick realizzi la prima locomotiva ed altri trentacinque per l’inaugurazione della Napoli-Portici, i primi 7,6 km di ferrovia della penisola; l’anno successivo fu la volta della Milano-Monza e poi della Padova-Mestre.

Da allora molto è cambiato nel mondo ed in Italia. Con tecnologie di eccellenza, che la pongono ai primi posti nel mondo per sicurezza ed affidabilità, la rete ferroviaria italiana è in esercizio per circa 16.700 chilometri su cui viaggiano 64 milioni di tonnellate di merce e 600 milioni di passeggeri. Con ben 111 anni di storia alle spalle, le FS Italiane, forti di un prestigioso know-how tecnico e di una situazione finanziaria e patrimoniale solida, ambiscono ad ampliare il proprio business domestico e internazionale. A tali traguardi punta il Piano Industriale 2017-2026 di FSI, che stima una crescita dei ricavi fino a 17,6 miliardi di euro nel 2026 e un Ebitda da 2,3 a 4,6 miliardi di euro nel prossimo decennio.

Incentrato su alcuni profili d’intervento strategici che parlano di mobilità ed infrastrutture «integrate» per passeggeri e merci, di «espansione internazionale» e «digitalizzazione» come fattore abilitante di tutto, il Piano delinea una nuova vision del Gruppo in un contesto in profonda evoluzione.

INFRASTRUTTURE INTEGRATE E DIGITALIZZAZIONE

Nei prossimi 10 anni il Gruppo FSI immagina, oltre ai grandi progetti infrastrutturali, di trasformare le attuali Ferrovie in un’azienda in grado di offrire, ad un livello più evoluto, una pianificazione integrale del viaggio door-to-door con caratteristiche di alta fruibilità, efficacia e convenienza.

Ciò sarà reso possibile grazie ai big data, a strumenti di analisi avanzata e ad appropriate piattaforme digitali, che permetteranno l’offerta di servizi evoluti come il portafoglio elettronico, il traveling companion, ecc.

In un arco temporale così lungo – come quello del Piano – il Gruppo è comunque atteso da scadenze concrete e ravvicinate: a dicembre verrà inaugurata la Treviglio-Brescia, mentre proseguono i lavori sulla Napoli-Bari per la velocizzazione della linea Adriatica, sulla Salerno-Reggio Calabria e sulla Palermo-Catania-Messina.

I lavori su Terzo Valico, Galleria di base del Brennero e Torino-Lione completeranno la parte italiana dei Corridoi TEN-T. Non si tratta di rincorrere il futuro, ma di costruirlo anticipandone dinamiche e tendenze e per farlo sono stati previsti investimenti nella misura di 94 miliardi di euro, già disponibili per oltre la metà (23 in autofinanziamento e 35 stanziati nei Contratti di Programma).

MOBILITÀ INTEGRATA PER I VIAGGIATORI

Il Piano persegue soluzioni integrate capaci di attrarre quote crescenti di viaggiatori che oggi prediligono la mobilità privata. In tale contesto, il riequilibrio modale non potrà prescindere dal TPL – anche su gomma – cui viene riconosciuto un ruolo strategico nel Piano industriale. FSI si candida ad essere protagonista di tale shift modale, con l’obiettivo di passare dal 6 per cento di market share del 2015 al 25 per cento nel 2026, cogliendo le migliori opportunità che si presenteranno sul mercato del TPL nazionale, partecipando a gare e, ove possibile, acquisendo operatori chiave.

Nel trasporto regionale, il cambio di passo è imminente grazie ad un accordo quadro per la fornitura di 500 nuovi treni regionali, che implementeranno una flotta per il 20 per cento già rinnovata. Anche Busitalia, l’azienda di trasporto su gomma del Gruppo, attende l’arrivo di 3 mila nuovi bus che ne rafforzeranno la presenza nel TPL e le permetteranno di entrare nel mercato della lunga distanza.

Nel trasporto su media e lunga percorrenza, invece, l’obiettivo è quello di mantenere gli altissimi livelli qualitativi raggiunti, estendendo tali standard a tutta la flotta grazie anche al completamento della consegna dei Frecciarossa 1000. I nuovi servizi «FrecciaLink», oltre ad un esteso progetto di parcheggi di interscambio, promuoveranno l’utilizzo dei mezzi collettivi e l’integrazione modale.

LOGISTICA INTEGRATA

Il Piano dedica al trasporto delle merci investimenti per 1,5 miliardi (1,1 miliardi per il materiale rotabile; 300 milioni per terminal e logistica; 100 milioni per ICT). La strategia mira alla creazione di un polo unico della logistica, la nuova Mercitalia, che opererà ristrutturando le attività cargo del Gruppo al fine di promuovere l’intermodalità e l’espansione in segmenti di offerta ad alto valore aggiunto (es. il freight forwarding).

ESPANSIONE INTERNAZIONALE

Nel Piano riveste grande importanza lo sviluppo internazionale, il cui business oggi costituisce il 13 per cento dei ricavi complessivi. L’obiettivo è di salire al 23 per cento nel 2026, rilanciando il Gruppo come General Contractor, con la capacità di realizzare ferrovie esportando il proprio know how; sviluppando l’offerta di servizi ferroviari a mercato all’estero; rafforzando le relazioni transfrontaliere esistenti e puntando sulle rotte europee più appetibili (come Parigi-Bruxelles, Atene-Salonicco, Londra-Edimburgo, ecc.); puntando infine sulla crescita internazionale del TPL in modo da creare opportunità di integrazione modale ferro/gomma nel trasporto passeggeri.

FUSIONE ANAS – FSI

Il Piano contempla un’altra grande sfida da portare a compimento negli anni a venire, che riguarda la fusione ANAS-FSI. Si tratta di un’operazione di particolare rilevanza per il nostro Paese, ma decisamente impegnativa, che già ha mostrato appieno l’estrema complessità insita nella sua attuazione. Qualche dettaglio numerico sul nuovo soggetto che si verrebbe a creare è funzionale ad una migliore comprensione della portata dell’operazione, così come del suo impatto socio-economico.

Basti pensare all’estensione della rete infrastrutturale di matrice stradale/autostradale e ferroviaria (oltre 40 mila chilometri sul territorio nazionale), da porre in capo alla gestione del nuovo soggetto, che ha orientato lo stesso dibattito pubblico maturato finora a parlarne nei termini di un vero e proprio «polo nazionale delle infrastrutture». Continuando a snocciolare le cifre di tale operazione, colpiscono il volume degli investimenti potenziali su base annua ascrivibili alla costituenda entità, pari a 7,2 miliardi di euro, e del fatturato complessivo stimato in 10 miliardi di euro. Il profilo sociale dell’operazione è tutto centrato sull’accorpamento dei 75 mila dipendenti provenienti dalle due realtà nell’alveo di un unico soggetto.

I numeri da soli però non sono sufficienti ad esprimere i potenziali benefici connessi alla fusione ANAS-FSI che potrebbero interessare, oltre alle società direttamente in questione, l’intero settore dei trasporti e della logistica favorendo la riduzione del differenziale di competitività (non solo di quello infrastrutturale) del nostro Paese rispetto ai suoi principali concorrenti. Da questo punto di vista, l’integrazione delle strategie di investimento potrebbe configurarsi come il primario valore aggiunto del nuovo soggetto, da cui discenderebbero a cascata ulteriori e numerosi vantaggi sotto il profilo sia gestionale sia operativo. Gli interventi da mettere in cantiere sarebbero individuati all’interno di un’unica cornice, con la possibilità di svolgere in modo congiunto la rilevazione dei bisogni infrastrutturali sul versante stradale-ferroviario e la pianificazione delle rispettive reti. La gestione condivisa degli appalti alimenterebbe benefici di medio-lungo termine, determinando economie di scala nei processi di approvvigionamento. Gli iter autorizzativi per alcune opere sarebbero oggetto di semplificazione ed il coordinamento delle politiche di pedaggio migliorerebbe l’uso delle infrastrutture esistenti. Con un simile assetto strategico, l’intermodalità potrebbe uscirne favorita grazie soprattutto all’ottimizzazione progettuale dei nodi di scambio e delle relative infrastrutture.

Ma anche per la possibilità di sviluppare «gestioni di corridoio multimodale», tarate sull’esigenza di soddisfare in modo sempre più adeguato la domanda internazionale, e sulla predisposizione di un’offerta integrata di servizi d’informazione all’utenza basata sull’utilizzo delle nuove tecnologie. La domanda di mobilità potrebbe essere soddisfatta in modo più puntuale, efficiente ed efficace anche grazie al coordinamento congiunto delle emergenze ed alle possibili sinergie nelle politiche di manutenzione delle reti. La stessa possibilità di avere un interlocutore unico nei rapporti con le Amministrazioni locali (in particolare con la committenza del TPL) avrebbe un impatto positivo. Il percorso della fusione è sicuramente una sfida impegnativa, ma funzionale alla crescita dell’Italia e del suo sistema industriale.

Buone notizie dall’Anas, riapre il viadotto Italia

24 Lug
24 Luglio 2015

Viadotto Italia, foto Ing. Gaetano Stabile

Riaperto il viadotto Italia sulla Salerno-Reggio Calabria

di Alberto Brandani, Presidente Federtrasporti

In un’Italia maltrattata da una calura equatoriale due notizie positive arrivano dall’Anas. Oggi infatti viene inaugurata la nuova galleria Fossino di 5,4 km sulla A3 tra Basilicata e Calabria ma, fatto di gran lunga più importante, riapre domani 25 luglio il viadotto Italia sulla Salerno Reggio Calabria con doppio senso di marcia.
Il piano operativo dell’Anas prevede che nei giorni di bollino nero dell’esodo, in caso di forte congestione di traffico, il viadotto Italia venga utilizzato in direzione sud con un unico senso di marcia su due corsie.
Ma andiamo con ordine. Il 2 marzo la campata in carreggiata sud crollò provocando la morte di un operaio di 25 anni Adrian Miholca che in quel momento stava lavorando per conto di una impresa specializzata in demolizioni.
A scommettere sulla veloce riapertura era stato per primo il Ministro delle Infrastrutture Delrio, già a metà dello scorso aprile.
I tecnici dell’Anas avevano studiato con efficacia una soluzione che nell’arco di 3 mesi ripristinasse il traffico tenendo presente che comunque alla fine si deve procedere alla demolizione completa delle due carreggiate del viadotto.
In questo senso questa prima importante risposta è veramente significativa. Da qui passeranno i grandi flussi di traffico nel periodo estivo. Dopo la metropolitana di Roma che viaggiava con gli sportelli aperti, un raggio di sole per gli attoniti viandanti del nostro paese.

Foto: Ing. Gaetano Stabile

Le ragioni dell’Anas e quelle di Ciucci

15 Apr
15 Aprile 2015

di Pietro Di Michele (da Formiche.net

Pietro CiucciNegli ultimi mesi l’Anas, la società per azioni di proprietà del Tesoro che gestisce la rete stradale e autostradale non a pedaggio di 25 mila km e riveste un ruolo centrale nell’infrastrutturazione del sistema Paese, è finita nell’occhio del ciclone per una serie di eventi che vanno dal crollo della rampa di accesso al viadotto Scorciavacche in Sicilia, ad alcune intercettazioni (peraltro prive di riscontro) dell’inchiesta Sistema sulle grandi opere, fino al cedimento di un pilone dell’autostrada Palermo-Catania, a seguito di una rovinosa frana della collina sovrastante.
È davvero tutta colpa del presidente dimissionario Pietro Ciucci? A ben vedere questi eventi negativi dipendono essenzialmente da due fattori esterni.
Innanzitutto i limiti della Legge Obiettivo e in particolare della figura del contraente generale, a cui spetta di nominare la struttura di direzione lavori delle opere infrastrutturali di cui si è aggiudicato l’appalto. Un meccanismo deresponsabilizzante che, come attestano il caso del viadotto Scorciavacche e la stessa inchiesta Sistema, ha manifestato varie crepe e richiede una rapida riforma, riaffidando alla stazione appaltante (in questo caso l’Anas) la direzione dei lavori.
Non  a caso la stessa Anas già dal 2009 non bandisce più gare a contraente generale e Ciucci ha chiesto e proposto in svariate occasioni, anche davanti alle commissioni parlamentari, di modificare la norma.
L’altro fattore esterno è il deficit manutentivo di cui soffre da alcuni decenni il territorio italiano e la rete stradale (non solo Anas), a causa della scarsità di risorse destinate dai vari governi da un lato alla prevenzione del dissesto idrogeologico e dall’altro agli interventi di manutenzione straordinaria delle opere stradali. Un deficit di interventi che è la prima causa dei crolli che si sono registrati in questi anni, da nord a sud, dal ponte sul Po a Piacenza al viadotto Himera della Palermo-Catania.
Se si tiene conto che sulla sola rete Anas vi sono 11 mila viadotti e oltre 2 mila gallerie, realizzati nella maggior parte dei casi 40-50 anni fa, si comprende come questa sia una priorità assoluta. Gli ultimi due governi, anche grazie alla sensibilità dell’ex ministro Maurizio Lupi, hanno finalmente “cambiato verso” all’andazzo precedente, stanziando 1 miliardo di euro per la manutenzione della rete Anas che sono stati trasformati in circa 600-700 cantieri, in parte già ultimati. Ma molto resta ancora da fare e da finanziare, perché il ritardo è pluridecennale.
Questi due fattori endogeni rischiano di oscurare gli indubbi meriti, riconosciuti ad esempio dall’editoriale di Giorgio Santilli sul Sole 24 Ore, della gestione di Pietro Ciucci, che guida la società dal luglio 2006 e che ha già rassegnato le dimissioni nelle mani del neo ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio a partire dalla prossima Assemblea degli Azionisti di metà maggio.
In circa 9 anni Ciucci, come attestato anche dai dati Cresme, ha trasformato l’Anas nella prima stazione appaltante d’Italia, con più di 5500 bandi per un importo di 23 miliardi di euro. Dal 2006 l’Anas ha aperto al traffico 1.500 km di strade e autostrade (tra cui 250 km della Salerno-Reggio Calabria), con un investimento di 16 miliardi di euro.
Il vecchio carrozzone dell’ente pubblico economico è diventato una moderna Spa, con un’organizzazione efficiente, un bilancio da otto anni in attivo (prima chiudeva con perdite di circa 500 milioni all’anno) e una capacità di investimenti di oltre 2 miliardi all’anno.
Risultati niente affatto disprezzabili che richiederebbero, almeno, un’uscita con l’onore delle armi per Pietro Ciucci.

Siena-Grosseto: l’Anas ed il viadotto delle terme di Petriolo, grande opere e sorprendente puntualità

05 Dic
5 Dicembre 2014

“Il cantiere è in regola con i tempi, i costi e le consegne. E’ una grande opera. I lavori dovrebbero terminare a fine  2015”. Così il Prof. Brandani ai microfoni di “Ping pong” su Canale 3 Toscana presenta i lavori sulla Siena-Grosseto, lavori che segue da vicino dal suo osservatorio presso l’ANAS. “Sarebbe sorprendente se tutto ciò venisse confermato dai fatti, con 5 viadotti di nuova costruzione, 3 gallerie naturali, 7 gallerie artificiali, 3 impalcati sui già esistenti viadotti e soprattutto il nuovo viadotto sul Farma largo 24 mt e lungo 800 mt”.

Staff