Il Prof. Brandani presenta: “I Leoni di Sicilia, La Saga dei Florio”, di Stefania Auci
Pubblicato su “La Freccia”, Luglio ’19
Lunedì 13 maggio. Nella piccola e accogliente Libreria Stregata di Portoferraio (Isola d’Elba) arriva un cartone di novità . La titolare estrae dal cartone un grosso tomo che ha in copertina una foto che sembra tratta dalla pittura di Silvestro Lega e dei grandi Macchiaioli. Mi avvicino incuriosito e leggo il sottotitolo, La saga dei Florio. Velocissimo il pensiero corre alla mia infanzia. Seduto su grandi balle di caffè ascoltavo i racconti di mia nonna, che aveva un grande emporio commerciale e ricordava a tutti come il marito negli anni ’30 avesse chiamato un chimico tedesco per fare il Marsala. «Non sarà come quello dei Florio ma speriamo che almeno gli si avvicini». I leoni di Sicilia di Stefania Auci è in realtà la saga dei Florio, una delle famiglie più conosciute dell’800 italiano e del primo ’900.
Sbarcati a Palermo da Bagnara Calabra nel 1799 Paolo e Ignazio Florio guardano avanti, irrequieti e ambiziosi, decisi ad arrivare in alto, più in alto di tutti. La bottega di spezie diviene la più importante della città . Una aristocrazia palermitana tanto altera quanto lentamente morta e spiantata concede loro spazi di moltiplicazione di ricchezza ineguagliati. Case, terreni, zolfo, e questo non è niente in confronto a ciò che accade con il re leone della casa, quel Vincenzo che si inventa il tonno sott’olio a Favignana, la flotta a vapore e fa di un vino da poveri, il Marsala, un nettare raffinato per principi e potenti. Palermo osserva ma lo stupore si trasforma in invidia acida e nel disprezzo. Rimarranno sempre facchini e picciriddi. L’aristocrazia palermitana non sa che in questo modo moltiplica per cento la loro
voglia di riscatto, di successo e la loro capacità di sacrificio. E se l’autrice ha scandagliato a fondo la saga pubblica dei Florio, è riuscita anche a trasmetterci indimenticabili personaggi femminili: Giuseppina, che non perdonerà mai al marito di averla portata a Palermo, e Giulia, che sosterrà in silenzio Vincenzo diventando il porto sicuro delle sue continue vicissitudini.
Tutto questo calato in un attentissimo quadro storico. Leggendo e rileggendo il libro sono arrivato a concludere che si tratti di un romanzo storico nella sua pienezza. Si può pensare ai Malavoglia, ai Viceré o al Gattopardo, ma forse a ben vedere bisogna andare alla Fiera delle vanità di Thackeray.
Siamo di fronte a un’opera corale, ampia, scritta con un’attenzione all’uso del linguaggio quasi assoluta. Stefania Auci ci vuol ricordare che anche qui, come nella Fiera delle vanità , la lotta per i danari, il potere, l’ascesa sociale era senza pietà , senza limiti, sfrenata nella durezza e negli eccessi così come nelle nascoste fragilità .
«Come una corrente elettrica, la grandezza dei Florio attraversa anche oggi la città di Palermo, rivelandosi in scintille tanto luminose quanto sfuggenti: le finestre di uno splendido palazzo abbandonato, un portone in un vicolo oscuro, le torrette della palazzina dei Quattro Pizzi…» (Stefania Auci).
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