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Il professore-manager dà le pagelle alle infrastrutture italiane. La rivista ‘Espansione’ intervista il Prof. Brandani
Espansione. L’Economia nero su bianco
Rivista mensile, Anno 51 n. 1 Febbraio 2020
Alberto Brandani
Il professore-manager dà le pagelle alle infrastrutture italiane
Intervista di Giorgio Napoli (scarica il PDF)
Alberto Brandani professore-manager, un’ininterrotta passione per la cultura e i libri, vent’anni ai vertici di MPS e poi nei cda di Anas e Ferrovie dello Stato, è oggi Presidente di Federtrasporto Confindustria.
Professor Brandani, qual è il mezzo di trasporto che preferisce?
Viaggio moltissimo ogni settimana tra Roma e la provincia di Siena, con frequenti “deviazioni” anche in altre città italiane. L’autonomia e l’indipendenza che consente l’auto privata è impagabile per questo. Sono al tempo stesso un affezionato cliente del Frecciarossa, l’alta velocità mi permette di andare e tornare in giornata anche tra Milano e Roma. Nel weekend, però, mi piace il viaggio slow (ad esempio gli itinerari storici che propone la Fondazione FS sono molto interessanti).
Salga in cattedra e dia le pagelle a strade, treni e aerei.
Guardando il quadro d’insieme mi sento di poter dire che il trasporto ferroviario ha letteralmente rivoluzionato la mobilità degli italiani, l’alta velocità è di fatto diventata una infrastruttura di irrinunciabile utilità per tutti noi. Non a caso è chiamata la metropolitana d’Italia che ha cambiato il modo di vivere e di lavorare.
Il trasporto stradale non conosciuto rivoluzioni negli ultimi anni ma continua ad essere la modalità di gran lunga più utilizzata sia per il trasporto di persone che di merci. Il trasporto aereo è cresciuto notevolmente negli anni sia in termini di passeggeri trasportati che di opzioni di scelta e qualità dei servizi.
Date le condizioni di contesto e la conformazione fisica dell’Italia, tutt’altro che facili per ciascuna delle modalità di trasporto, mi sento di promuovere ampiamente il trasporto intermodale, integrato e sostenibile.
Se avesse la bacchetta magica che farebbe per migliorare il sistema dei trasporti?
Rilanciare gli investimenti in infrastrutture e fare manutenzione, dare il via ai lavori delittuosamente fermi e partecipare attivamente ad un grande piano europeo di investimenti infrastrutturali da 1.000 miliardi da cui deriverebbero grandi benefici per l’Italia.
Il problema vero del nostro Paese non sono tanto le risorse economiche, considerata la possibilità di ricorrere alla tecnica del Project Financing per realizzare quelle opere pubbliche suscettibili di produrre reddito (quali ad esempio autostrade, metropolitane e termovalorizzatori), quanto soprattutto l’incapacità di trasformare quelle risorse in cantieri evitando di mettere in discussione anche le opere già finanziate ed in corso di realizzazione. Per questo, nelle more di una riforma più ampia, dovrebbero essere recuperati strumenti come quello del Commissario straordinario, analogamente a quanto ha fatto il Governo per la ricostruzione del ponte di Genova. Andrebbe anche rivisto il codice degli appalti depennando quelle norme di recente introdotte che, pur con le migliori intenzioni, hanno di fatto complicato le procedure.
Secondo lei, le autostrade italiane sono sicure?
Le autostrade a pedaggio italiane, esclusa la parte in gestione ANAS, costituiscono il 2% circa della rete stradale nazionale ma oltre il 25% del traffico. Sono infrastrutture risalenti per lo più agli anni ’50, in continuo ammodernamento e caratterizzate da un numero di opere s’arte molto superiore a quello di altri Paesi europei, la cui manutenzione richiede ingenti mezzi e risorse. Nonostante siano applicate tariffe tra le più contenute d’Europa, abbiamo una rete autostradale di buona qualità. Ricordo come siamo stati i primi in Europa a dimezzare il numero dei decessi autostradali nel periodo 2001-2010, decremento proseguito nel tempo (-62% al 2017) e che tuttora persiste.
Non mi sottraggo certamente dall’esprimere amarezza per la tragedia del ponte Morandi e per le eventuali inadeguatezze che potessero emergere: essa è al vaglio della magistratura che, ne siamo certi, riuscirà a dividere il loglio dal grano.
Concludendo, direi che il confronto internazionale ci vede sicuramente ai primi posti e un voto alla rete non può che essere positivo.
Il Prof. Brandani presenta: “Ladies Football Club”, di Stefano Massini
Pubblicato su “La Freccia”, marzo 2020
C’era una volta un bambino dotato per il nuoto. La famiglia a cinque anni glielo impose. In realtà amava il pallone e arrivato a dieci anni disse, tutto serio, alla madre: «Da oggi andrò solo a calcio». Trent’anni dopo, da manager affermato, continua a giocare nelle squadre di seconda categoria. E, in una vita ricca di incontri ai massimi livelli, non può certo fare a meno di passare le sue domeniche nella squadra del Radicondoli. Del resto, Bernard Shaw diceva, grosso modo, che il calcio racchiude in 90 minuti l’intero universo e il Balzac di questo epico sport, Gianni Brera, aveva per primo colto nel campionato di calcio una metafora della vita. Ma su questo torneremo.
Con il suo bel libro Stefano Massini ci regala un’autentica ballata. L’architettura linguistica e teatrale racchiude i capitoli in una cornice ideale che parte dalla squadra e finisce a Stamford Bridge. Il risultato scenico e acustico è a dir poco spettacolare: nel leggere i numeri delle maglie e i nomi sembra di sentire gli altoparlanti dello stadio e, per dirla come il grande Mourinho, «il rumore dei nemici».
Ma veniamo alla storia. È il 6 aprile 1917. Gli Usa entrano in guerra, il bollettino dei morti si allunga ogni giorno e Lenin sta preparando la rivoluzione russa. Nel cortile di una fabbrica di munizioni di Sheffield, durante la pausa pranzo, un gruppo di operaie prende a calci una palla, un prototipo innocuo di bomba, abbandonato là. È il calcio d’inizio di questa storia, il primo sfogo di rabbia di queste donne: mariti, padri e figli sono in guerra, mentre loro combattono contro la solitudine e lo schifo. Undici donne, 11 storie, 11 guerriere che vogliono fare la loro parte. Massini disegna ciascuna, c’è chi legge Marx, chi vuole essere invisibile oppure diventare suora. Penelope parla in un modo tutto suo e vede le cose come stanno, Rosalyn, enorme, difende la porta come se ne andasse della sua stessa vita. Queste povere anime vengono ricamate con lo stesso filo e poi sollevate in alto tutte insieme. E si fondono in una sola meravigliosa entità: le Ladies Football Club. Hanno insegnato loro a essere pazienti e compassionevoli crocerossine. E invece diventeranno una squadra, la prima in assoluto, che osa sovvertire le regole di un gioco allora solo maschile. Indosseranno pesanti divise nere e si sentiranno vive insieme, sul campo. Con l’entusiasmo di prendere a calci una palla e infilarla in rete (non importa quale!).
Saranno, insomma, le nostre eroine. A volte perdono, ma quando Rosalyn Taylor scappa via stringendo un pallone, forse tutto lo stadio di Stamford Bridge sarebbe voluto fuggire con lei. Beppe Severgnini sarebbe d’accordo. Il campionato di calcio è una metafora perfetta della vita e del campionato del potere con quattro regole ferree:
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quantità (intesa come allenamento e dedizione), è solo un prerequisito;
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qualità, estro, fantasia intelligente;
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benevoli, perché dai gravi infortuni non sempre si riesce a risollevarsi;
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fisico bestiale, per sopportare le avversità, i veleni, le cattiverie e le ingiustizie.
Sapendo che alla retorica domanda «ma ne valeva la pena?» si possa rispondere senza incertezze (le ragazze inglesi e tutti noi) «sì, ne vale la pena».