Nomine: l’importante adesso è che i presidenti non vogliano fare gli ad
di Alberto Brandani*, pubblicato su ItaliaOggi.
La recente tornata di nomine induce a qualche riflessione. La prima è che per gli amministratori delegati di Eni ed Enel si è scelto professionalità indiscusse premiano le soluzioni interne (il che spesso aiuta a galvanizzare il management). Per Poste soluzione esterna di grande Standing e per Finmeccanica un sergente di ferro come Mauro Moretti anche se qui il desiderio di cambiare tutto a prescindere ha trovato un argine nella conferma di De Gennaro (segno che l’iniziale volontà rottamatrice di Renzi stia lasciando positivamente spazio ad una più raffinata capacità di governo?). Va detto, per onestà, che gli uscenti avevano tutti lavorato bene e a lungo.
Non mi voglio qui sulla avanzata delle quote rosa. Con tipico vezzo italico la retorica scorre a fiumi ma al netto di questo bisogna dire che anche qui ha prevalso il criterio della professionalità. Forse, per stemperare animi, il sottosegretario Delrio ha fatto capire che la governance, cioè i poteri nell’azienda, è materia di consiglio di amministrazione quasi che il governo non se ne stia occupando. Ovviamente (e meno male) non è così. I poteri sono disciplinati dagli statuti delle aziende e la filosofia è che in ogni azienda vi debba essere uno ed un solo capo azienda, cioè l’amministratore delegato. Tutte le volte che i presidenti hanno cercato di fare gli amministratori delegati e/o viceversa i risultati sono stati funesti.
Bene invece è il criterio secondo il quale il presidente debba avere la delega sull’internal audit. Governare queste complesse partite non è mai facile. Qulche giornale ha scritto che, alla fine, Renzi ha fatto di testa sua al netto dei cacciatori di teste. E’ forse scoprire l’acqua calda affermare che le scelte a certi livelli sono sempre e solo politiche? Ovviamente vanno giudicate dai risultati che conseguono.
*Presidente Federtrasporto